Seneca – La felicità non dipende dal benessere materiale

SENECA, Lettere a Lucilio, 62/65 d.C.

Non è felice, credimi, chi dipende dal benessere materiale. Poggia su fragili basi e gode di beni che vengono dal di fuori: la gioia, come è venuta, se ne andrà. Quella che scaturisce dall’intimo, invece, è durevole e stabile, cresce e ci accompagna fino all’ultimo: gli altri beni, apprezzati dalla massa, durano un giorno. “Ma come? Non possono essere utili e piacevoli?” Chi dice di no? Ma solo se dipendono loro da noi, non noi da loro.

Tutti i beni soggetti alla fortuna diventano fruttuosi e gradevoli, se chi li possiede, possiede anche se stesso e non è in balia delle cose. È un errore, Lucilio mio, pensare che la fortuna ci concede o il bene o il male: essa ci dà materia di bene e di male e i fondamenti di quello che si tradurrà per noi in male o in bene. L’anima è più forte di ogni fortuna, indirizza da sé le cose in un senso o nell’altro ed è causa della propria felicità o infelicità.

Se è malvagia volge tutto in male, anche quello che appariva ottimo; se è virtuosa e pura, corregge i mali della fortuna, addolcisce le difficoltà, gli affanni e sa sopportarli, accoglie la prosperità con gratitudine e moderazione, l’avversità con fermezza e coraggio. Ma sebbene sia saggia e agisca sempre ponderatamente, sebbene non tenti nulla al di sopra delle sue forze, non raggiungerà mai quel bene incorrotto, che non conosce minacce, se non si erge salda contro i capricci della fortuna.

Se osserverai gli altri – giudichiamo più serenamente quando non si tratta di noi – o te stesso, cercando di essere obiettivo, ti accorgerai e dovrai ammettere che delle cose desiderabili e gradite nessuna è utile se non sarai pronto ad affrontare la volubilità del caso e dei beni che seguono il caso, se ad ogni male non ripeterai, spesso, senza lamentarti queste parole: gli dèi hanno deciso diversamente.