Scuola? No grazie!

La scuola è uno strumento di potere nelle mani di chi comanda. Dietro il pretesto di diffondere la cultura, infatti, si nasconde un pericoloso e invisibile lavaggio del cervello, capace di amputare la creatività dalla psiche indifesa dei più piccini, per forgiare soldatini ubbidienti e remissivi, pronti a seguire le indicazioni di chi sta in cattedra.

Il passaggio alla scuola elementare rappresenta un momento traumatico per tutti i bambini che, da un giorno all’altro, sono costretti a stare seduti nel banco per molte ore, mantenendo costante la concentrazione su argomenti nuovi, difficili e, spesso, poco interessanti. Nel periodo della scuola materna, la socializzazione e il gioco sono al primo posto e i piccoli possono muoversi liberamente per la classe, divertendosi insieme agli altri bambini.

Ma, con l’ingresso nella scuola elementare, la musica cambia e il movimento, la fantasia, l’immaginazione e la condivisione, si riducono ai minimi termini per cedere il posto alle acquisizioni nozionistiche e mnemoniche.

In questo modo i nostri figli imparano che inventare, scoprire, costruire, creare, dialogare, aiutarsi, ascoltarsi e condividere, sono attività insignificanti, cui dedicare soltanto qualche sporadico ritaglio di tempo. La scuola afferma il valore della produttività. Una produttività: fondata sull’apparire, sul giudizio e sulla competizione.

In classe, infatti, bisogna rendere, distinguersi, diventare i primi, raggiungere il punteggio migliore!
Non copiare, non suggerire, non aiutarsi l’uno con l’altro, ma lasciare che ognuno risolva da solo le proprie difficoltà.
I semi dell’indifferenza e del cinismo vengono piantati già nelle prime classi della scuola elementare e troveranno l’humus necessario ad attecchire e svilupparsi, lungo tutto il percorso scolastico.

L’ubbidienza acritica e la sottomissione sono i requisiti principali di ogni bravo alunno. A scuola si deve sempre: rispettare gli insegnanti. Anche quando gli insegnanti non rispettano te. Il rispetto, infatti, non è un diritto dovuto a tutti, ma solo a chi detiene il potere.E il potere non è un bene al servizio della comunità, ma è una fonte di privilegi insindacabili, riservati a chi lo possiede. Il qualunquismo e l’insensibilità, purtroppo, affondano le radici nel terreno scolastico e nutrono l’irresponsabilità e la prepotenza che caratterizzano questo nostro periodo storico.

I valori di una pedagogia nera, incapace di accogliere la variegata espressività degli studenti, intrecciano tutto il percorso scolastico, finendo per penalizzare anche gli insegnanti migliori.
Quelli che credono davvero nella comunità, nella condivisione e nell’intelligenza emotiva, e che si sforzano di trasmettere un messaggio d’amore e solidarietà, nonostante la repressione insita nei programmi ministeriali.

Per insegnare, infatti, non è richiesta alcuna competenza psicologica, proprio perché l’ascolto e la comprensione dei vissuti interiori sono considerati irrilevanti ai fini dell’apprendimento, e l’unica cosa che conta è un sapere arido di sensibilità. Chi insegna, perciò, è costretto a portare avanti un programma basato esclusivamente su conoscenze cognitive, e privo di attenzione per la delicata fase di crescita che gli alunni stanno attraversando.

Così, quei docenti che, nonostante tutto, non riescono a ignorare le esigenze psicologiche dei loro allievi e si sforzano di dedicare tempo alla scoperta e alla condivisione del mondo interiore, devono fare i conti con i regolamenti, e spesso non sono ben visti né dai colleghi né dai genitori, spaventati all’idea che i loro figli restino indietro nella lotta per raggiungere il successo. A scuola si deve STUDIARE! E studiare significa: immagazzinare nozioni da ripetere a comando. Maggiore è l’erudizione, e più grande sarà il consenso che l’organizzazione scolastica attribuirà agli studenti.

Non sorprende che, una volta completato l’iter di studio, della creatività, dell’entusiasmo e della solidarietà, non rimanga più nemmeno il ricordo.

La scuola premia l’individualismo e la sopportazione paziente e rassegnata. Risorse indispensabili per la vita lavorativa e sociale che attende i nostri giovani alla fine degli studi. Tanti geniali innovatori, scienziati, artisti e maestri nell’indagare le profondità della vita e dell’animo umano, ricordano, nelle loro biografie, di non aver avuto nessun successo scolastico ma anzi! Di essere stati sottovalutati e criticati.

Proprio perché l’originalità e la solidarietà non sono ben viste in quella sorta di carcere formativo che chiamiamo scuola e che prepara le nuove generazioni ad affrontare la vita. L’allenamento all’ubbidienza è uno dei valori fondamentali. A scuola si deve essere: disciplinati, arrendevoli e subordinati.

Indipendenti, autonomi, curiosi, fantasiosi, intraprendenti, creativi… sono aggettivi poco adatti a definire lo studente ideale. L’alunno perfetto deve essere: rispettoso, capace di integrarsi e pronto a seguire le direttive di chi ha più esperienza. Cioè: dipendente, acritico, omologato, passivo e sottomesso. Chi incarna le caratteristiche del modello avrà un successo garantito, dalle elementari all’università, e, una volta conclusi gli studi, sarà pronto a seguire le regole di una società che premia l’individualismo e la competizione, irridendo la fratellanza, la sensibilità e la genialità.

Per tutelare i propri bambini, molti genitori, sensibili e illuminati, hanno dato vita a un movimento chiamato homeschooling e basato sull’educazione parentale. 

Si tratta di un’istruzione impartita dai genitori, o da altre persone scelte dalla famiglia, ai propri figli. Nell’ambito dell’homeschooling le possibilità sono molto ampie, ci sono famiglie che preferiscono seguire degli orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, e altre che desiderano affidarsi a un apprendimento più naturale e spontaneo dove si assecondano i bisogni, gli interessi e capacità dei piccoli, in veste di aiutanti e guide. Ma sempre queste persone istruiscono i propri figli con amore e dedizione, e il loro lavoro è parificato a quello svolto dagli insegnanti nelle scuole.

La scelta dell’homeschooling è volta a promuovere lo sviluppo della personalità nella sua totalità, senza trascurare gli aspetti affettivi, espressivi e creativi. Per questo è una soluzione che trova sempre più sostenitori. In Italia, le famiglie che rifiutano la scuola sono all’incirca un migliaio, e si tratta di un numero in costante aumento.  Molti genitori, infatti, si rendono conto dei danni che l’organizzazione scolastica provoca sulla salute psicologica e fisica dei loro figli e, per questo, la scelta di opportunità alternative è sempre più gettonata.

La pedagogia nera, con il suo corollario di punizioni e abusi di potere, ha intriso la struttura della scuola, creando un meccanismo perverso di sottomissione e autoritarismo, traumatico per i bambini e funzionale alla supremazia di pochi privilegiati su un numero sempre crescente di creature disponibili, remissive e sottomesse.

Riconoscere l’abuso e la crudeltà, nascoste dietro la normalità dell’istruzione scolastica, è il primo passo per cambiare un mondo basato sull’indifferenza e sulla prevaricazione. Un passo indispensabile.
Per mettere fine alla violenza e costruire una società capace di accogliere la creatività, la sensibilità e il valore di ogni essere vivente.

Carla Sale Musio (Fonte)