Uno studio mette in discussione la tesi secondo cui la socialità sia stata in motore dell’evoluzione della grandezza del cervello nei primati. Il merito sarebbe, piuttosto, della dieta, e in particolare della frutta.
di ANNA LISA BONFRANCESCHI
PERCHÈ il cervello della nostra specie e quello di alcuni primati è così grande? Probabilmente non esiste.
Il cervello sociale. La teoria che lega la grandezza del cervello alla socialità prende il nome di Ipotesi del cervello sociale. “Secondo questa teoria la complessità sociale è il motore principale della complessità cognitiva, e le pressioni sociali da ultimo hanno portato all’evoluzione del grande cervello della nostra specie”, scrivono gli autori in apertura del paper. Eppure, se si guarda a misure della socialità diverse dalla grandezza del numero dei membri, quali il numero di partner sessuali di una specie, la correlazione si perde. Forse, esiste un fattore ambientale ancora più forte come motore dell’evoluzione cerebrale, hanno azzardato i ricercatori.
Lo studio. Per capirlo gli esperti hanno messo insieme un’enorme quantità di dati, quelli relativi alla grandezza del cervello di più di 140 specie di primati non umani, tenendo conto anche degli ultimi aggiornamenti della filogenetica, ovvero della parentela tra specie. Il team di DeCasien ha quindi cercato possibili relazioni con parametri diversi: sociali – come grandezza del gruppo, gerarchie e strategie di accoppiamento – nonché ambientali, quali le abitudini in fatto di dieta. È così emerso che si può predire la grandezza del cervello di una specie più dalla dieta che dalla socialità. In particolare chi mangia frutta, rispetto agli erbivori che si cibano di foglie, ha un cervello più grande, in media del 25%.
A ‘caccia di frutta‘. Ma perché mangiare frutta potrebbe essere stato un motore per l’evoluzione del tessuto cerebrale? Le spiegazioni possibili sono diverse. Cibarsi di frutta, in ultima analisi, significa sapere dove trovarla, come prenderla ed estrarne la parte nutritiva, come trarne energia. L’ipotesi della frutta quindi avrebbe favorito l’evoluzione di cervelli più grandi combinando insieme una serie di richieste cognitive – in termini spaziali, temporali e strategici – e ricompense energetiche (maggiori rispetto a quelle del cibarsi di foglie).
L’evoluzione. “L’evoluzione del cervello sia dell’essere umano che dei primati non umani è stata guidata soprattutto dall’aumentata efficienza nella capacità di procurarsi cibo, associata a dei cambiamenti che forse hanno fornito le basi per il successivo sviluppo delle abilità sociali”, scrivono gli autori in chiusura del paper. Ma una visione assoluta, secondo cui la dieta possa raccontare da sola la storia del cervello dei primati, è inverosimile, scrive Chris Venditti della University of Reading a commento del paper sullo stesso numero di Nature Ecology & Evolution. Più che mettere la parola fine all’origine misteriosa del cervello, ribadisce Venditti, DeCasien e colleghi hanno il merito di aver rinvigorito un dibattito sempre affascinante.