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Esiste una relazione invisibile che unisce il cuore umano al cuore degli animali che vivono con noi.
È un legame energetico, impercettibile per i sensi fisici ma in grado di congiungerci ben oltre le coordinate di spazio e tempo.
I cani, i gatti, le cavie… e tutti gli animali che ci accompagnano nella vita, sono piccoli angeli venuti a rammentarci l’esistenza di una preziosa parte sensibile: emotiva, ingenua, vulnerabile e capace di amare con un’intensità che la società umana non si permette di riconoscere.
Le specie diverse dalla nostra comprendono d’istinto l’energia sottile che dà forma alle cose, e sanno cogliere il linguaggio silenzioso dei vissuti interiori.
Per questo non hanno bisogno di usare le parole.
Sono amici pelosi (o pennuti) che ci affiancano lungo un tratto di strada, ricordandoci l’immediatezza delle emozioni e l’abbandono fiducioso al potere dell’esistenza.
Il loro modo di essere è così naturale e spontaneo che, spesso, perdiamo di vista l’insegnamento di cui ci fanno dono.
Poi un giorno, in punta di piedi come sono arrivati, se ne vanno via.
E, di colpo, quell’inestimabile contributo affettivo sparisce, lasciandoci interdetti e disperati davanti a una voragine di dolore.
C’è molto pudore nel condividere la sofferenza che fa seguito alla morte di questi amici a quattro (o a due) zampe.
Spesso, ci vergogniamo di dichiarare l’intensità dei sentimenti che proviamo per loro.
In un mondo che ha fatto del cinismo la sua bandiera e del guadagno il suo più grande perché, non è permesso soffrire per creature considerate di serie B e, perciò, prive di valore.
Ma quando arriva il momento di separarci da questi bambini, ormai anziani, una pena infinita costringe a guardare la profondità di un legame che, spesso, abbiamo cercato di nascondere anche a noi stessi.
In quei momenti, ci sforziamo di superare l’angoscia utilizzando le armi a nostra disposizione: prima la medicina, con il suo armamentario di analisi e torture a fin di bene, e dopo la ragione col suo incrollabile repertorio di motivazioni indiscutibili.
“Abbiamo fatto tutte le cure… ma non c’è stato nulla da fare.”
“Quando arriva il momento, non si può fermare il destino.”
“Era troppo vecchio per vivere.”
Affermiamo sconsolati, cercando di convincere noi stessi.
Ma niente serve a colmare lo strappo energetico che lacera l’Anima.
Tutto è inutile.
E il dolore ci sommerge, segnalando l’importanza che questi spiriti celesti assumono nella nostra vita.
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Nella trilogia fantastica – Queste oscure materie -, Philip Pullman racconta che l’Anima assume le sembianze di un animale (daimon) che ci accompagna nel corso della vita, e spiega che il daimon è una creatura che sente e vive le nostre emozioni, e che s’incarica di impersonare per noi la realtà interiore, affiancandoci costantemente.
Privato del proprio daimon un essere umano perde la connessione col mondo emotivo, sentendosi senza energia e costantemente in pericolo.
Come spesso accade, la narrativa racconta una verità che la scienza fatica ad ammettere, e ci mostra l’importanza del legame tra uomini e animali.
Gli animali ci aiutano a mantenere vivo il contatto con l’Anima.
Quando ci abbandonano, perdiamo il riferimento interiore che abbiamo delegato loro, e questo provoca un acuto dolore, mostrandocene di colpo la profondità e il valore.
Soffrire la morte di un animale significa ricongiungersi a una pulsante sensibilità e fa parte del dono che i nostri piccoli amici ci regalano, lasciando che i sentimenti scorrano liberi e immediati.
Il dolore sveglia l’Anima umana dal suo torpore e permette una crescita interiore che onora il rapporto con questi Maestri e approfondisce il legame nelle dimensioni invisibili della coscienza.
Nessun daimon può abbandonare per sempre il suo protetto della specie umana.
Il passaggio negli spazi più rarefatti dell’esistenza (che noi esseri umani chiamiamo morte) rinsalda il patto che abbiamo stretto insieme, aiutandoci a costruire un rapporto più intimo con l’amore e con il significato della vita.
Fonte
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