// <![CDATA[
document.write('‘);
// ]]>
Secondo l’Oxford Dictionary l’etimologia è ignota, ma il termine attraversa tutta l’Europa in direzione nord – ovest, dai Balcani all’Irlanda, in una forma che in quasi tutte le lingue si avvicina ad ‘apol’.
Mela, Pomme, Apfel, Apple parole che sembrano non avere niente in comune e invece?!
La parola germanica “Apfel” vicina all’inglese “Apple” o al norvegese “Eple” deriva dal germanico (e questo, a sua volta, proviene dall’indoeuropeo). Alcuni dizionari suggeriscono che l’antico nome francese che caratterizzava un tipo di mela era “pomme d’api; mela d’Api”, apparentato foneticamente al tedesco Apfel.
L’origine del termine “mela” italiano e del “pomme” francese risale al latino in cui l’albero della mela si chiamava “pomum malum” = pomum designava “albero da frutto commestibile” e malum si riferiva alla specie.
I cambiamenti in diacronia della lingua hanno fatto sì che il francese prendesse a prestito
il primo elemento del sintagma, l’italiano il secondo.
// <![CDATA[
document.write('‘);
// ]]>
Ma perché questo frutto, anche se è il più appetitoso dei frutti selvatici che crescono sugli alberi, ha rivestito una così straordinaria importanza mitica? (Ricordiamo la mela offerta da Paride alla Dea più bella, ma anche le mele di Avalon, la mela di Eva….)
Il legame del melo con l’immortalità è antico e assai diffuso in Europa.
Il bandolo della matassa si trova nella leggenda dell’anima di Curoi, che era nascosta in una mela; quando il frutto fu tagliato dalla spada di Cuchulainn, <<la notte cadde su Curoi>>.
Infatti, se si taglia una mela orizzontalmente, ciascuna metà ha al centro una stella a cinque punte, simbolo di immortalità, che rappresenta la Dea nelle sue 5 stazioni, dalla nascita alla morte e di nuovo alla nascita.
Rappresenta anche il pianeta Venere (e la mela era sacra alla Dea Venere), adorato come Espero, la stella della sera in una metà del frutto, e come Lucifero figlio del mattino nell’altrà metà.
ESTETA
Testi tratti da:
- I miti nordici, Gianna Chiesa Isnardi
- ‘La Dea Bianca’, Robert Graves – Adelphy